Giuliano Briganti
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Nel suo fascino c'era un segreto

Giuliano Briganti con Eugenio Scalfari
Nello studio di Renato Guttuso, 1986- Archivio fotografico Laureati Briganti
di EUGENIO SCALFARI
 
Trentatré anni di amicizia, di scambio intellettuale, di esperienze culturali ed anche di passione politica perché Giuliano non apparteneva alla schiera degli indifferenti, coltivava forti ideali civili e aveva una sua idea di paese che certo coincideva poco anzi affatto con quello che vedevamo quotidianamente rappresentato sotto i nostri occhi.
 
Quando lo conobbi era già uno dei massimi critici d'arte; scomparso Lionello Venturi, da diverse sponde, lui e Argan tenevano il campo e davano opera a fare della storia dell'arte uno strumento di conoscenza e di educazione civica d'un paese ancora assai incolto e quasi estraneo al proprio genio e alla propria principale ricchezza culturale. Giuliano Briganti aveva raccolto per diritto di successione intellettuale l'eredità critica del Longhi e l'aveva arricchita con studi degni del suo maestro; poi, col passare degli anni, se n'era affrancato acquistando un timbro proprio, una capacità di giudizio che ne aveva fatto un punto di riferimento unico nella cultura europea degli ultimi trent'anni.
 
Ma non aveva nulla dello studioso di sussiego, i paludamenti accademici non l'avevano mai avuta vinta con lui, era rimasto giovane, fresco, ingenuo, appassionato di scoperte, tenerissimo negli affetti, e all'esperienza critica aveva intrecciato una fantasia d'immagini e una limpidezza di scrittura che non trovano riscontro nella critica d'arte europea.
 
Nel 1963 cominciò a collaborare all'Espresso nel momento in cui avevo assunto la direzione. Quando nacque Repubblica nel gennaio del 1976, Giuliano fu tra i fondatori. Questo giornale gli deve molto di più delle splendide pagine che regalava a noi e ai suoi lettori: gli deve una dimensione spirituale, un'eleganza di gusto, una proprietà di linguaggio, un'attenzione al bello che non sconfinò mai nello snobismo, che Giuliano aborriva, ma che aveva l'effetto di fortificare la mente e di commuovere l'anima.
 
Spesso dopo aver conversato con lui e aver letto uno dei suoi pezzi di scrittura, mi sono chiesto da dove provenisse il fascino che ne promanava. Direi che proveniva da un elemento femminile che impregnava il suo rigoroso intelletto, un elemento di memoria, di fantasia e d'intuizione, l'affetto amoroso con il quale si accostava all'opera d'arte e all'artista, rivivendoli dall'interno e trasferendo quella sua rivisitazione sulla pagina con un nitore e un calore che non ho mai trovato così compenetrati.
 
 

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